Il sabato è giornata di golf al Santa Clara GC di Marbella. Ho il tee time prenotato alle ore 10.10 e su consiglio del “golf assistant” dell’hotel intorno alle ore 8.30 sono in macchina per raggiungere il circolo. Alle 9 sono al parcheggio, e già si capisce che è un posto di livello assoluto. Dal parcheggio per arrivare alla clubhouse si passa attraverso il parcheggio dei cart, dove ce ne saranno stati almeno cinquanta carichi e allineati. Un cartello invita a prenderli anche in assenza di personale al gabbiotto e così faccio. Carico la sacca, faccio un centinaio di metri e imbocco il porticato al piano terra della clubhouse, un palazzo con finiture in marmo che mi ricorda, anche se con meno storia, la clubhouse di Castelgandolfo. A metà del porticato c’è l’ingresso del pro shop, grande come un supermercato di medie dimensioni, in cui si gestiscono anche tee time, pagamenti, ecc. Di fronte un gabbiotto con i mestri per chi vuole prendere lezioni, a quell’ora ancora chiuso. Sono le 9, chiedo se posso anticipare il tee time e mi assegnano le 9.40 Salgo al bar per prendere qualcosa da bere, e vado in campo pratica per scaldare le articolazioni.
Sono l’unico al driving range, perfettamente curato con erba pari a quella dei fairway, e posso testare per la prima volta i bastoni che ho affittato. Subito buone sensazioni con i ferri, è la prima volta che gioco con la grafite e devo dire che mi dà una buona confidenza. Bene anche con ibrido e legno 3, bastone che non ho nella mia sacca a Roma, malissimo il driver. E’ molto più corto di quello che uso abitualmente, a occhio direi 2-3 pollici. Inoltre mi sembra avere una testa con un disegno decisamente curvo. Sta di fatto che avrò serie difficoltà a gestirlo per tutta la vacanza. Quando riesco a colpire nello sweet spot partono bei missili dritti come fusi che superano in un paio di occasioni i 200 metri in piano, ma molto più spesso partono dei brutti slice.
Vado sul tee della 1, dove scopro che i signori che avrebbero dovuto giocare con me non si sono presentati, quindi vado da solo. La cosa non mi dispiace affatto, in genere preferisco giocare in compagnia se è un campo che non conosco, ma al 99% sarebbero state persone come me alla prima volta su quel campo, quindi preferisco starmene in santa pace.
Il primo driver si apre il slice e sono sul fairway della buca accanto, recupero con il ferro e chiudo la buca con un doppio. Segnerò, più per divertimento che per altro, tutti i colpi, e a fine giornata divertendomi a contare mi sembra di aver fatto circa 33 punti, ma onestamente non mi interessa nulla. Sono da solo a giocare su un campo MERAVIGLIOSO, con buche che salgono e scendono con dislivelli da vertigine, scavate nelle gole tra collinette o inerpicate su coste di montagna ripidissime. Il cart è un vero obbligo su questo percorso, non ho visto nessuno senza. Il gioco è abbastanza buono, tranne i tee shot, al punto tale che dopo un po’ passo al legno 3 dal tee, e il putter. Anche questo bastone mi fa penare parecchio, è molto diverso dal mio e nel colpo che richiede più feeling si sente tantissimo. La forma della testa e l’attaccatura sono molto differenti rispetto al mio putter, costringendomi a una posizione per me innaturale. Tanto è vero che se non sto troppo concentrato assumo la mia posizione abituale col risultato che colpisco puntualmente a terra con la testa prima dell’impatto, con colpi ovviamente molto corti.
Il gruppo davanti a me è abbastanza veloce e sono partiti almeno quindici minuti prima di me, il gruppo dietro è formato da due ragazzi di livello almeno pari al mio, se non peggio, quindi gioco in totale serenità. Peccato solo per un vento sferzante che si alza nelle buche centrali fino ad essere molto fastidioso, anche perché non ho nulla per coprirmi.
Le buche in salita e discesa si susseguono, ma sono un paio di buche in salita a colpirmi. Ad una buca arrivo sul tee, do uno sguardo al cartellone informativo e vedo che sono 300 metri par 4. Ok, buca facile dico io. Mi giro, guardo la bandiera, e la vedo almeno trenta metri, se non di più, sopra di me… Per fare 300 metri ci vorranno tre colpi, e il terzo rimbalzerà dal fringe giù nel bunker… Qualche buca dopo, di pari lunghezza e par, mi alzo per guardare la bandiera e vedo il gruppo davanti a me sul green. Erano talmente in alto rispetto a me, e con una tale ripidità, che avevo l’impressione che mi sarebbero caduti addosso da un momento all’altro. Anche qui tre colpi per arrivare nei pressi del green.
Due note di colore: in alcuni punti del percorso ci sono signori che offrono sacchetti di palle recuperate a 20 euro, sicuramente provenienti dal greto del fiumiciattolo secco che attraversa il percorso. Altra nota, sul tee della 11 c’è un avviso di fare attenzione ai beni personali tra la 11 e la 15 perché girano dei ladri…
Il percorso è bellissimo, divertente e tecnico. Se si va storti è molto probabile perdere la palla o vederla cadere su buche qualche decina di metri più in basso. Alcuni green sono ricavati su terrazzamenti, io me la sono cavata bene grazie ai ferri che ho giocato discretamente e a un po’ di fortuna. A fine giro avrò perso forse 4-5 palle, e dato il percorso mi pare un miracolo.
Altro miracolo, o meglio piacevolissima sorpresa, aver concluso il giro in tre ore e mezzo. Avevo tutti i vantaggi del caso: ero solo, non ho quasi mai aspettato (anche perché se vedevo il gruppo davanti a me vicino magari su alcuni colpi giocavo due palle, oppure provavo qualche putt, scattavo una foto, ecc.), avevo il cart, non ho perso tanto tempo a cercare palle. Ma chiudere il giro in 3,5 ore è una vera goduria.
Il green fee sul sito costa tra i 63 e i 98 euro, a cui aggiungere 37 euro di cart, ma ne vale davvero la pena.